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sabato 19 novembre 2011

Il diario della nonna

Inizio a scrivere su questo bel “quaderno” nuovo mossa dai pensieri che sono nati spontanei alla vista di quest’immagine.  
Questa splendida pagina di diario m’intriga e m’inquieta al tempo stesso. M’intriga perché è “semplicemente” bella e mi ricorda una tenera consuetudine appartenuta anche alla mia adolescenza; m’inquieta perché fa saltar fuori qualche scheletro dal mio armadio legato all’argomento “grafia”. Sono mancina a tutti gli effetti e a sei anni arrivo a scuola già in grado di scrivere correntemente (lo facevo anche a specchio e questo mi divertiva molto). Spalancati cielo! La mia maestra, assai retrò, non lo tollerava per nulla, nonostante le proteste dei miei genitori e, con grande sadismo e violenza, è riuscita a “correggermi”. Risultato: ho una grafia da amanuense frutto del terrore che lei riusciva a scatenare in me. Dovevo impegnarmi al massimo perché non fossi più oggetto di quella tortura e l’impegno diede i suoi frutti. Rovescio della medaglia: quando scrivo, c’è comunque il buontempone che commenta la mia grafia e questo mi secca. Mi torna in mente la frase che urlai alla mia maestra quando, al colmo dell’esasperazione (e del dolore fisico, direi) per l’ennesima pagina di “e” maiuscole (difficilissime con la destra!) le chiesi piangendo: “Ma insomma, si può sapere a te che te ne importa con quale mano scrivo?”. Ri-spalancati cielo: ero pure maleducata, oltre che mancina! Ho ancora quel quaderno con il blu di una “e” sbiadito da una lacrima. L’armonia di una pagina ricamata da una bella grafia mi rassicura e agita nello stesso tempo.
Questo potrebbe far pensare a chi legge che Word e simili rappresentino la mia ancora di salvezza. Non direi, invece. Se devo scrivere mossa dagli affetti più cari (un cartoncino d’auguri alle persone che amo, ad esempio) lo faccio a mano perché il testo scritto, direttamente fruibile, è accessibile ai sensi ed è, inoltre, meno fragile di un testo consegnato alla tecnologia; se scrivo per studio, lavoro o situazioni analoghe, lo faccio utilizzando il testo elettronico, of course.
Devo dire che non vivo alcun tipo di conflitto in merito. In questo campo, non ho posizioni assolute e radicali: non lascio che i ricordi più teneri del passato demonizzino il presente e non permetto a quest’ultimo d’invadere completamente il campo. C’è una felice convivenza, ecco. Amo la tecnologia tout court e mi circondo di oggetti tecnologici, ma ho una passione per l’antiquariato.
Direi che scrittura su carta e testo elettronico presentano, in egual misura, interessanti vantaggi e svantaggi che si compensano vicendevolmente. Esempio: ci sono forme di scrittura che hanno resistito nei millenni e ci sono testi elettronici perduti a causa della rapida mutevolezza della tecnologia volta a decodificarlo. Ancora: il testo elettronico, incorporeo, è senz’altro più trasportabile di un testo stampato (mai senza il mio Ipad!).
Detto questo, come concludere? Ci ho pensato un po’, ma non ho trovato di meglio delle parole del Professor Andreas, senza alcuna piaggeria: “… si aprono altri grandi territori, se includi le forme dinamiche, elementi sensibili anche solo al passaggio del mouse o altri eventi, sequenze video, e anche la formidabile potenzialità degli hyperlink. Però il diario della nonna mi piace tantissimo…”. Concordo pienamente.


2 commenti:

  1. M'ha fatto molta impressione questa storia, invece di costruire su un'abilità già conquistata, la repressione, è pazzesco!

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  2. Concordo con il prof. e ti aggiungo che anche perchè mio fratello subì la tua stessa pesante avventura nel 1978...

    E pensare che oggi ci sono pure le matite, le biro, i colori... tutta una gamma di articoli studiati ad hoc e riconoscibili con "R" e "L"!

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