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venerdì 23 marzo 2012

Dopo anni di duro lavoro...



Come posso non condividere quest'immagine che ricevo da una mia cara amica nonché collega? "Lievemente" paradossale e dissacratoria, c'invita a un po’ di sana autoironia... 

martedì 21 febbraio 2012

Riunione online: 2012/02/15


Ecco il video con le mie riflessioni per la riunione online del quindici febbraio scorso. Ne approfitto per congratularmi con Marvi anche pubblicamente, dopo averlo fatto in privato. Mi dispiace immensamente non essere stata al suo fianco, ma quella sera non potevo agire in modo diverso. Ero certa che se la sarebbe cavata egregiamente e che il suo contributo sarebbe stato assolutamente interessante. Qualche piccola difficoltà tecnica credo che non abbia tolto nulla al piacere di seguirla e, del resto, è sembrata inevitabile per tutti quelli che si sono messi alla prova nell'impresa.
A proposito di quanto sostenuto da Andreas sulla necessità di divulgare codeste buone pratiche, vorrei comunicare che tra gli obiettivi del progetto Learning4All (cui faccio riferimento nel post precedente) c’è anche la creazione di un repository online nazionale di esperienze indicative di tecno – didattica realizzate (o in corso d’opera) da docenti delle scuole italiane di ogni ordine e grado. Scopo del repository è proprio quello di favorire un fecondo interscambio tra docenti che animano tale dimensione e che desiderano condividere la propria esperienza rendendola nota a tutti. Particolare attenzione, infatti, è posta al sistema d’indicizzazione proprio per consentire ai docenti una ricerca agevole e veloce di esperienze che possano costituire fonte d’ispirazione per il proprio lavoro. Attualmente, la creazione del repository è in corso d’opera e, appena pronto, la notizia sarà diffusa in tutto il sistema scolastico nazionale. Credo sia un buon inizio per cominciare ad aprirsi alla comunità scolastica.



mercoledì 15 febbraio 2012

Riunione online: del brainstorming iniziale

VIDEO – FILM MAKING: LA CLASSE COME UN SET

Una delle molteplici occasioni per riflettere su questa sfida nasce dal lavoro che svolgo nell’ambito del progetto “Learning4All”, un piano triennale di ricerca FIRB [Fondi di Investimento per la Ricerca di Base] finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca [MIUR] coordinato dall’HOC – LABORATORY – DEI del Politecnico di Milano.
Il progetto L4ALL ha lo scopo di indagare come le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) intervengano nel modificare la didattica nella scuola italiana, creando nuove opportunità da un lato ed evidenziando nuovi problemi dall’altro.
Una parte del mio lavoro consiste nell’intervistare docenti che abbiano realizzato o stiano realizzando indicative esperienze didattiche basate sull’uso di tecnologie. Essi lavorano nelle scuole di tutta Italia di qualsiasi ordine e grado, dunque rappresentano un campione assai significativo. I docenti sono intervistati in due momenti diversi: in fase di Expectations [prima di cominciare l’esperienza] e in fase di Results [a completamento dell’esperienza]. Una certa parte dei docenti intervistati ha partecipato [o partecipa] al progetto PoliCultura [sicuramente noto ai colleghi], un’iniziativa del suddetto Laboratorio HOC che coinvolge allievi delle scuole di ogni ordine e grado nella realizzazione di narrazioni multimediali con 1001Storia, motore multimediale facile e intuitivo messo a disposizione gratuitamente dal Politecnico di Milano che, senza richiedere alcun prerequisito tecnico, restituisce un’applicazione multicanale.
Ciò che emerge, a mio avviso, da questo lavoro con focus rilevante sul reporting di un’esperienza didattica è la difficoltà che noi docenti abbiamo nel “raccontarci”. Capita, infatti, che esperienze didatticamente straordinarie non emergano chiaramente dal racconto di docenti che faticano a rendere leggibile il proprio operato perché concentrati più sui singoli elementi costitutivi della loro esperienza che su una visione sincretica del processo agito.
Per Luciano Galliani, specificamente con riferimento alla pedagogia dei linguaggi visivi e audiovisivi, “il processo è il messaggio” [Galliani, 1979] tanto riguardo alla sua evoluzione storica quanto a quella tecnologica e sociale della sua produzione.
Accade così che molti docenti riconoscano a un software di Digital Storytelling d’immediato utilizzo come 1001Storia la capacità di renderli attenti a un processo che, spesso, si disegna quasi inconsapevolmente. Ad esempio, la richiesta di tracciare un piano editoriale della narrazione rappresenta, per i più, una scoperta interessante.
Mi sembra, allora, importante formare noi stessi e, di conseguenza, i nostri studenti a una consapevolezza essenziale del linguaggio audiovisivo cinetico anche, non da ultimo, in virtù di un uso creativo dello stesso come dimostra la scelta stilistica del regista Jean Luc Godard nel film “Fino all’ultimo respiro” [À bout de souffle] che ha messo a confronto la dimensione economica della fine degli ’50 con le sue ricadute sui discorsi inerenti al budget delle produzioni cinematografiche sofferenti a causa delle imposizioni dettate dal mercato a esse collegato.
La riluttanza verso i nuovi paradigmi didattici che caratterizza larga parte della scuola del nostro Paese è stata, sovente, oggetto di conversazione tra me e Marvi. Lei ed io ci siamo conosciute, di fatto, alla IUL per poi scoprire che ci siamo continuamente sfiorate in molte altre occasioni formative, anzi, per dirla tutta, abbiamo scoperto che facciamo praticamente gli stessi percorsi! Ci accomuna la passione per la tecnologia, una certa curiosità per tutto quello che è in grado di dare smalto a una didattica che, troppo spesso, segna il passo e una grande voglia di “restare a galla” (come dice Marvi) nel nostro lavoro. Questo ci ha permesso d’imparare quello che sappiamo e questo ci porterà (è quello che ci auguriamo!) a scoprire luoghi ancora sconosciuti o poco esplorati. Dal punto di vista del video – editing, Marvi è un “dispositivo didattico” (come direbbe Andreas) a dir poco interessante: “gioca” con le immagini fisse (ma non solo) con straordinaria levità. Decidiamo di mettere insieme le nostre esperienze e facciamo il punto della situazione: la mia esperienza professionale è maggiormente legata al linguaggio audiovisivo cinetico; l’esperienza di Marvi è particolarmente ricca nella manipolazione delle immagini fisse.
Io proverò a rendere evidenti con semplicità le tracce essenziali del linguaggio audiovisivo cinetico (senza entrare in dettagli di cui la rete abbonda, ma ragionando, essenzialmente, della sua valenza formativa), mentre Marvi ci introdurrà in una dimensione squisitamente operativa dimostrando concretamente l’assunto di Galliani: “il processo è il messaggio” e l’esperienza laboratoriale deve permeare di sé l’intero arco scolare di un soggetto in formazione, laddove il laboratorio non è un luogo chiuso destinato a pochi docenti smanettoni incorreggibili, ma esprime una nuova filosofia apprenditiva e formativa.
Concludo con un’interessante riflessione emersa dai nostri scambi comunicativi: infine, quanto di tutto quel che facciamo modifica realmente il nostro agire professionale (ma anche non)?
Una cosa ci par vera: è questo il nostro obiettivo, ci proviamo e sempre ci proveremo.
Alessandra e Marvi


mercoledì 1 febbraio 2012

Ragionando di video, ho trovato uno dei miei primi tentativi di produrne uno. Prima di pubblicarlo, pensavo di modificarlo opportunamente, ma poi ho deciso di lasciarlo così come è venuto quando ero alle prese con i miei primi tentativi. Alcune immagini sono da foto mie, altre prese in rete. 
Ci sono particolarmente affezionata anche perché è dedicato alla mia Milano.


 

venerdì 13 gennaio 2012

Dell'arte di ascoltare


C’è un tema che è tornato a girarmi per la testa da quando frequento i territori della blogosfera: l’ascolto. Apparentemente, potrebbe sembrare irrilevante in questi spazi in cui l’aspetto più importante della comunicazione sembra essere quello legato alla capacità di espressione, ma io credo che l’ascolto sia fondante e generativo all’interno di ogni tipo di comunicazione, anche e soprattutto in quella che ha carattere interattivo dove il parterre dei nostri interlocutori è avvolto dalla sottile caligine della virtualità.
Si potrebbe obiettare che la maggior parte dei blogger usa il suo spazio come diario personale, per far conoscere le proprie opinioni ai lettori occasionali e assidui, ma un blog, liberamente fruibile da chiunque, è un diario in senso lato. Mi chiedo, allora: fino a che punto un blogger rischia di dar vita a una lunga serie d’inutili soliloqui? L’ascolto si nutre di empatia, un fondamentale universale della socializzazione umana, ma quanti di noi hanno la capacità empatica [ma anche il desiderio] di “accogliere” l’altro? Evidentemente, ben pochi se pensiamo all’incremento esponenziale dei comportamenti d’intolleranza e aggressività che caratterizzano la società odierna.
Praticando i luoghi della formazione, il tema dell’ascolto [e in modo particolare dell’ascolto attivo] m’interpella fortemente e mi preoccupa perché ho la sensazione che ognuno di noi sia molto più interessato ad ascoltare se stesso, nonostante il fiorire di ogni tipo di relazioni umane che la rete rende possibile. Un solipsismo di fondo che sembra soddisfare umani desideri di autoaffermazione.
Me lo chiedo anche quando pratico la blogoclasse del corso di Editing Multimediale che seguo in quanto studentessa IUL. Considero la blogoclasse un luogo ricco di opportunità perché aperto non solo agli studenti ma anche ad appassionati e passionali blogger di varia provenienza. Nella blogoclasse gli incipit sono numerosi e tutti degni d’interesse, eppure può capitare che questi sassolini lanciati nell’acqua non risveglino cerchi concentrici e/o armoniosi. Tutto è comunicazione, altresì, allora mi chiedo qual è la natura di questa comunicazione e, soprattutto, se c’è vera comunicazione o se la blogoclasse si configura essenzialmente come luogo d’incontro e raccolta delle reciproche risorse cui ognuno attinge in base alle proprie esigenze e in cui l’autentica comunicazione è possibile, ma non necessaria. E invece, magari, anche dietro un silenzio si nasconde una risorsa. Magari, si resta in silenzio perché si ammira il proprio interlocutore e lo si ritiene più competente di noi. Trame e tessuti visibili e invisibili, armonici e disarmonici.
Certo, per chi si occupa di formazione, non esiste un limite all’importanza di saper ascoltare e di saper essere davvero accoglienti nei confronti di chi ci affida la costruzione del proprio benessere. Non varrà la pena di rifletterci, dunque?
Ricordo uno splendido percorso di educazione socio-affettiva che alcuni anni orsono mi portò a incontrare il metodo Gordon nella prospettiva, appunto, dell’ascolto attivo. Non furono poche le sorprese, le paure e gli entusiasmi quando testammo il percorso su noi adulti e docenti prima di coinvolgere le classi…

mercoledì 11 gennaio 2012

Della crisi delle vocazioni tecnico-scientifiche...


Paradossalmente, è in atto una crisi delle vocazioni tecnico-scientifiche con particolare riferimento al settore delle TIC proprio nelle nuove generazioni di nativi digitali. In questo video, Aldo Torrebruno, ricercatore del Politecnico di Milano, analizza le cause di questa crescente disaffezione e illustra le strategie che il Politecnico stesso mette in atto nel tentativo di arginare il fenomeno. Quel che mi sembra interessante è che tra le possibili cause figuri anche la posizione di tutti coloro che si ostinano a vedere contrapposti e fatalmente separati il sapere umanistico e quello scientifico e, purtroppo, tale posizione, è ancor oggi largamente dominante anche tra i docenti. La vision che guida le iniziative alle quali si fa riferimento nel video è sicuramente improntata a un dialogo tra i saperi e credo che anche questa caratteristica, insieme con le altre, faccia sì che abbiano un meritato successo. Da alcuni anni, ho il piacere e l’onore di condividere l’impegno di Aldo e di tutto il Laboratorio HOC del Politecnico in alcune di queste iniziative e mi auguro davvero che lo spirito che le anima possa efficacemente contagiare studenti e docenti cui sono rivolte.