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mercoledì 15 febbraio 2012

Riunione online: del brainstorming iniziale

VIDEO – FILM MAKING: LA CLASSE COME UN SET

Una delle molteplici occasioni per riflettere su questa sfida nasce dal lavoro che svolgo nell’ambito del progetto “Learning4All”, un piano triennale di ricerca FIRB [Fondi di Investimento per la Ricerca di Base] finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca [MIUR] coordinato dall’HOC – LABORATORY – DEI del Politecnico di Milano.
Il progetto L4ALL ha lo scopo di indagare come le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) intervengano nel modificare la didattica nella scuola italiana, creando nuove opportunità da un lato ed evidenziando nuovi problemi dall’altro.
Una parte del mio lavoro consiste nell’intervistare docenti che abbiano realizzato o stiano realizzando indicative esperienze didattiche basate sull’uso di tecnologie. Essi lavorano nelle scuole di tutta Italia di qualsiasi ordine e grado, dunque rappresentano un campione assai significativo. I docenti sono intervistati in due momenti diversi: in fase di Expectations [prima di cominciare l’esperienza] e in fase di Results [a completamento dell’esperienza]. Una certa parte dei docenti intervistati ha partecipato [o partecipa] al progetto PoliCultura [sicuramente noto ai colleghi], un’iniziativa del suddetto Laboratorio HOC che coinvolge allievi delle scuole di ogni ordine e grado nella realizzazione di narrazioni multimediali con 1001Storia, motore multimediale facile e intuitivo messo a disposizione gratuitamente dal Politecnico di Milano che, senza richiedere alcun prerequisito tecnico, restituisce un’applicazione multicanale.
Ciò che emerge, a mio avviso, da questo lavoro con focus rilevante sul reporting di un’esperienza didattica è la difficoltà che noi docenti abbiamo nel “raccontarci”. Capita, infatti, che esperienze didatticamente straordinarie non emergano chiaramente dal racconto di docenti che faticano a rendere leggibile il proprio operato perché concentrati più sui singoli elementi costitutivi della loro esperienza che su una visione sincretica del processo agito.
Per Luciano Galliani, specificamente con riferimento alla pedagogia dei linguaggi visivi e audiovisivi, “il processo è il messaggio” [Galliani, 1979] tanto riguardo alla sua evoluzione storica quanto a quella tecnologica e sociale della sua produzione.
Accade così che molti docenti riconoscano a un software di Digital Storytelling d’immediato utilizzo come 1001Storia la capacità di renderli attenti a un processo che, spesso, si disegna quasi inconsapevolmente. Ad esempio, la richiesta di tracciare un piano editoriale della narrazione rappresenta, per i più, una scoperta interessante.
Mi sembra, allora, importante formare noi stessi e, di conseguenza, i nostri studenti a una consapevolezza essenziale del linguaggio audiovisivo cinetico anche, non da ultimo, in virtù di un uso creativo dello stesso come dimostra la scelta stilistica del regista Jean Luc Godard nel film “Fino all’ultimo respiro” [À bout de souffle] che ha messo a confronto la dimensione economica della fine degli ’50 con le sue ricadute sui discorsi inerenti al budget delle produzioni cinematografiche sofferenti a causa delle imposizioni dettate dal mercato a esse collegato.
La riluttanza verso i nuovi paradigmi didattici che caratterizza larga parte della scuola del nostro Paese è stata, sovente, oggetto di conversazione tra me e Marvi. Lei ed io ci siamo conosciute, di fatto, alla IUL per poi scoprire che ci siamo continuamente sfiorate in molte altre occasioni formative, anzi, per dirla tutta, abbiamo scoperto che facciamo praticamente gli stessi percorsi! Ci accomuna la passione per la tecnologia, una certa curiosità per tutto quello che è in grado di dare smalto a una didattica che, troppo spesso, segna il passo e una grande voglia di “restare a galla” (come dice Marvi) nel nostro lavoro. Questo ci ha permesso d’imparare quello che sappiamo e questo ci porterà (è quello che ci auguriamo!) a scoprire luoghi ancora sconosciuti o poco esplorati. Dal punto di vista del video – editing, Marvi è un “dispositivo didattico” (come direbbe Andreas) a dir poco interessante: “gioca” con le immagini fisse (ma non solo) con straordinaria levità. Decidiamo di mettere insieme le nostre esperienze e facciamo il punto della situazione: la mia esperienza professionale è maggiormente legata al linguaggio audiovisivo cinetico; l’esperienza di Marvi è particolarmente ricca nella manipolazione delle immagini fisse.
Io proverò a rendere evidenti con semplicità le tracce essenziali del linguaggio audiovisivo cinetico (senza entrare in dettagli di cui la rete abbonda, ma ragionando, essenzialmente, della sua valenza formativa), mentre Marvi ci introdurrà in una dimensione squisitamente operativa dimostrando concretamente l’assunto di Galliani: “il processo è il messaggio” e l’esperienza laboratoriale deve permeare di sé l’intero arco scolare di un soggetto in formazione, laddove il laboratorio non è un luogo chiuso destinato a pochi docenti smanettoni incorreggibili, ma esprime una nuova filosofia apprenditiva e formativa.
Concludo con un’interessante riflessione emersa dai nostri scambi comunicativi: infine, quanto di tutto quel che facciamo modifica realmente il nostro agire professionale (ma anche non)?
Una cosa ci par vera: è questo il nostro obiettivo, ci proviamo e sempre ci proveremo.
Alessandra e Marvi


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